martedì 22 giugno 2010

venerdì 18 giugno 2010


in attesa della seconda parte del indagine di tony Miami in zona via magolfa pubblico alcune vignette del fumetto Sturie del call center...
come disse il buon vecchio mattea maria boiardo
mentre bruci italia
io canto,
o meglio mentre questo mondo precipita
io provo a cantare
così per niente.
potremmo stare qui a parlare di disastri ambientali e politici per una vita ma non so cosa potrebbe cambiare
viva l'arte e chi la mette da parte


volevo dire cose è stata E per me
un bisturi affilato
con cui tagliare
le budella del sistema
sezionarvi il cuore
e vedere che non è
poi molto diverso da quello di una mucca.

scoprire che l'amore
è una truffa organizzata
e cercare di costruirsi una croce
con cinquemila stuzzicadenti
e un barattolo di colla stantia...

il denaro non da la felicità?
di solito questa cazzata
sono i ricchi a dirla...
di sicuro non avere soldi
fa venire l'angoscia.

domenica 13 giugno 2010

“Un Nonno di Tony Miami”

Prima parte:

“ Due strani clienti”

Il ragazzino che avevo beccato a sbirciare attraverso le lettere trasparenti “ Antonio W. Miami investigatore privato” e che ora sedeva davanti alla mia scrivania aveva la faccia che sembrava un oliva kalamata.

Era in piena età dello sviluppo: tutti i pezzi erano fuori misura, gambe e braccia troppo lunghe, busto troppo corto, una peluria simile a dello sporco sotto il naso troppo piccolo, orecchie a sventola troppo grosse capelli rasati da un tosacani scelto dalla mamma, quello che qui a Milano si dice “ne carn ne pess”.

Dietro le sue spalle ancora infantili spuntava una enorme chioma di ricci neri sopra due enormi occhi verdi decisamente intelligenti e una maglietta di Spoonge Bob: erano i due figli dell’elettrauto all’angolo, un tizio grande e grosso che non avevo mai visto senza la sua tuta blu sporca di tutti i grassi della terra su cui campeggiava la scritta “Facom”.

Li vedevo spesso scorrazzare per via Fusetti con bici sempre diverse e motorini asmatici di dubbia provenienza,

“vorremmo assumerla” aveva detto sostenuto Olivolì, il tono denotava la sua ferrea volontà di apparire più grande e maturo di quanto fosse in realtà ma era un impresa titanica con quella figura bislunga e i capelli che sembravano quelli di un playmobil.

“ che cosa vi è successo di tanto grave per avere bisogno di un investigatore privato?” avevo chiesto con ironia

“ è una storia lunga signore”

“non chiamarmi signore”

“sissignore”

“spiegagli tutto”

Era stato il piccolino a parlare, aveva di sicuro l’aria più sveglia del fratello

“ sta zitto Fra” aveva detto Olivolì, poi aveva proseguito “dunque signore, tutto è cominciato quando ho trovato lo scudetto, signore”

“uno scudetto, una figurina?” avevo chiesto con scetticismo

“ sissignore, quello del genova 1899” aveva detto lui compito “ e quel bastardo di Angelino me l’ha rubato per comprare uno scooter alla banda, quella merda, signore”.

“Calma, calma, mi stai dicendo che siete qui per farmi recuperare una figurina rubata da un vostro amico? E che con quella si comprerebbe uno scooter?”

Mi stavo cominciando ad innervosire, era vero come la luce del sole che da settimane non avevo un cliente e che le riserve monetarie nascoste nel galeone dei playmobil( ancora loro proprio così) si stavano esaurendo, ma mettermi a lavorare per dei mocciosi per di più dall’aria da piccoli teppistelli di periferia neanche troppo intelligenti mi sembrava un po’ troppo.

“ lo sai quanto costa un investigatore privato, mediamente?”

“si, signore”

“ti ho già detto di non chiamarmi signore”

A quel punto era uscito da dietro la schiena del buon vecchio Oliva Kalamata il fratello piccolo, il ricciolino, non avrà avuto più di dodici, tredici anni, ma una cosa era certa, aveva una faccia sicuramente più sveglia del fratello

“ e come dovremmo chiamarla, signore? Lei è un adulto e noi siamo dei ragazzini educati”

“ragazzi avete detto di sapere quanto costa un investigatore, beh, io non sono caro ma devo avvertirvi che la mia tariffa è quindici euro all’ora, come credete di trovarli?”

“ è proprio questo il punto “ aveva continuato il piccolino mentre Olivolì, evidentemente scocciato per l’interruzione batteva il piede a terra, sembrava dire questo qui non capisce niente, cercai di non guardarlo perché mi faceva venire uno strano prurito alle mani

“ forse lei non è a conoscenza del concorso legato all’album delle figurine Panini”

“no, non ne so niente” avevo ammesso, cosa cazzo vuoi che me ne fregasse del concorso delle figurine panini di cui non facevo la raccolta da più di vent’anni,

“venite al dunque”

“ vede, signore, all’interno di alcuni pacchetti erano stato inseriti degli scudetti d’epoca che davano diritto a premi in denaro”

“cristo santo”

“non bestemmi signore”, aveva detto Olivolì, non vi badai e proseguii a parlare con il piccolo

“ dove hai imparto a parlare così forbito?

“dalla divina commedia che mio nonno tiene sul water”

“ohggesù” vidi Kalamata inorridire e sbattere il piede per terra, sembrava un fumetto mal riuscito, anche il piccolino se ne era accorto

“ signore la prego di non bestemmiare, mio fratello è molto pio” aveva ribadito il ricciolo

“ scusatemi” avevo detto ” dunque vediamo, voi avete trovato questa benedetta figurina, quanto valeva?”

“diecimila euro, signore”

“o porco…”

Sti cazzi. Oliva si era fatto avanti tutto rosso

” e quando Angelino l’ ha vista ha subito detto che era l’occasione giusta per comprare lo scooter per la banda, la nostra banda, siamo gli Hells Angel di via Magolfa”

“ e quando lo avrebbe preso?”

“ è entrato in casa ieri notte e l’ha rubato dal nostro nascondiglio, quella merda”

“c’erano segni di scasso?”

“no signore ma angelino ha poteri speciali”

“senti, senti, solo questo Angelino era al corrente della figurina?”

“no, signore anche gli altri della banda, Tony, Pippo e Calogero…e Mary, la mia ex ragazza”

“ e io cosa dovrei fare?”

“ prendere quel bastardo di Angelino e fargli cagare la figurina”

“figliolo, non vuoi che bestemmi ma parli come uno scaricatore di porto, mettiamoci d’accordo su questo punto”.

Era calato uno strano silenzio, oliva Kalamata stava elaborando. A quel punto era intervenuto il piccolo

“Luigi, perché non vai a prendere le prove”

la faccia di Oliva si era illuminata “ cazzo c’hai ragione, vado subito, tu stai buono qui e non fare casini, non rompere le palle al signore” aveva detto ed era uscito di corsa diretto a casa con l’aria cospirativa di un Hercule Poirot de noantri ma con un Q.I. decisamente più basso.

Rimanemmo soli io e il piccolo Luigi

“quanti anni hai?”

“quasi tredici, signore”

“ e tuo fratello?”

“ quindici signore ma è ancora in terza media” aveva detto con una faccia strana

“devi dirmi qualcosa?”

“ si, signore”

“ sputa piccolo”

“ non sono piccolo, comunque, signore, la verità è che mio fratello non ha capito nulla di questa faccenda, lui e i suoi amici passano le loro giornate a sgommare ed impennare con i loro scooter.

Anche Angelino è un pluriripetente e, sinceramente, non lo vedo capace di entrare in casa nostra e rubare la figurina da dove l’avevamo nascosta”

“ dove l’avevate messa?”

“ dentro una selezione del Readers digest, signore, in salotto, un libro che credo nessuno avesse mai aperto prima e poi, il problema è che mio fratello odia Angelino perché gli ha fregato la ragazza ed è il capo della loro banda”

“Ah”

“le piace la Gerusalemme liberata?” mi aveva chiesto indicando un libro sullo scaffale

“cristo santissimo, non avrei letto pure quella?”

“si, signore, comunque, cioè, prima non ho potuto dirlo ma temo, sospetto che a rubare la figurina sia stato…beh uno della nostra famiglia”

“chi?”

“ nostro padre, signore”

“ o signore e perche?”

“si signore, vede, da quando c‘è l’euro gli affari non vanno più come una volta per nostro padre e poi c’è il problema del nonno”

“ quale problema?”

“lo vogliono mettere in un ospizio, il Pio albergo Trivulzio”

“ è malato?”

“ no, signore, ma i miei genitori pensano che sia pazzo e con quei soldi potrebbero pagare la retta di iscrizione, li ho anche sentiti parlare di questo”

“ e come mai? è pazzo?”

“ no, signore non è pazzo, solo che spesso a tavola mentre guardiamo il tg1 da in escandescenze, ogni volta che vede Berlusconi incomincia a citare versi di quella che lui chiama la sua “ comedìa” tipo quelli della lupa senza fame cupa, poi investe di insulti i miei che hanno votato Berlusconi, a volte sputa nel piatto in cui mangia ed esce dandogli dei poveri ignoranti, dicendo a mio padre che è un somaro e che non avrebbe neanche dovuto fargli fare l’avviamento al lavoro”

“capisco, quello che non capisco è io cosa dovrei fare?”

“ beh, signore, venire da mio padre e convincerlo a darci la nostra figurina”

“vuoi molto bene a tuo nonno vero?”

“perché me lo chiede?”

“ perché se è vera tutta questa storia lui sarà messo nell’ospizio”

“ una cosa è sicura, signore, di sicuro non è pazzo, signore”

In quel momento era rientrato Luigi rosso in viso, trionfante ”ecco le prove” aveva esultato

“ questo me lo ha passato l’altro ieri a scuola durante l’ora di matematica”

Mi aveva dato un foglietto a quadretti dove con scrittura incerta era scritto

ALORA PER LO SCUTER QUALE PREFERISCI OVETTO O BOOSTER?

“ha visto?, è lui l’infame, il Buscetta” mi incalzava Olivolì

“ e si” avevo detto strizzando l’occhio al piccolino “ bisogna intervenire”

“ e ma vieni” aveva fatto lui con gesto da goleador, agitando la mano intorno all’orecchio come fa Luca Toni “ ma prima dobbiamo chiedere l’autorizzazione ai tuoi genitori”

avevo visto il piccolino agitarsi sulla sua sedia

“ nostro padre non è in casa adesso, signore”

“ ci sarà tuo nonno no?”

“ ma signore..”

“ c’è o no?”

“ certo che c’è” aveva detto Oliva Kalamata, che nel mio subconscio cominciavo a chiamare Calamità, da ogni poro sprizzava feromoni della crescita e ottusa sete di vendetta.

“ dobbiamo agire subito, chiederemo a lui il permesso”, avevo detto e li avevo incitati a vestirsi per uscire. Mentre davo da mangiare alla gatta li avevo osservati meglio: entrambi indossavano cappotti enormi ereditati sicuramente da qualche cugino più grande e trasmessi l’uno all’altro.

Luigi spiritato saltellava per la stanza con energia pieno di speranze.

Francesco si vedeva che sotto tutti quei riccioli tagliati a caso da qualche zia sadica stava facendo funzionare tutte le sue gracili rotelline, ancora un po’ e gli usciva il fumo dalle orecchie aveva una faccia seria come solo i bambini e gli animali possono avere, senza ancora quell’ombra di ironia che le persone intelligenti acquistano dopo l’adolescenza.

Fuori faceva ancora freddo anche sebbene la primavera fosse cominciata da pochi giorni.

Un cielo troppo bianco carico di smog sovrastava la città di Milano e per un attimo percepii chiaramente il rumore di sottofondo, quella accozzaglia di motori voci e paranoie metropolitane che accompagna come un ronzio le nostre misere esistenze. Poi ci incamminammo lungo via Fusetti facendo lo slalom tra le merde di cane verso l’austera casa popolare di via Gola dove abitavano i due ragazzi; il passo di Oliva Kalamità era sicuro, mussoliniano, stava andando verso la vittoria e la vendetta, forse.

Quello del Ricciolino era invece insicuro, come se camminasse su delle uova, sopra la testa si poteva vedere addensarsi una nube nera.

“ di dove è tuo nonno?” gli avevo chiesto

“di un paese sul lago di Como, signore, ”

“ e tua madre?”

“Di Napoli, signore”

per un attimo era sembrato che mi volesse dire dell’altro ma aveva taciuto e aveva seguito il passo trionfale e tronfio di suo fratello.

Era una di quelle enormi case popolari larghe e imponenti che occupano un intero isolato con grandi corti interne dove alcuni appartamenti al pian terreno hanno ancora piccoli orti coltivati. Eravamo entrati da un portone monumentale su via Gola ed eravamo saliti al primo piano: la targhetta sulla porta diceva Gandola e Tufariello.

Oliva aveva aperto frenetico e si era precipitato in fondo ad un lungo corridoio gridando “nonno…, nonno”.

L’appartamento sembrava un vagone ferroviario: un lungo corridoio sul cui lato destro si aprivano una serie di stanze, in fondo una porta a due ante.

Nel corridoio ristagnava il classico odore di cibo che c’è in tutte le case popolari, un misto di verdure cotte e pastasciutta che coloro che vi abitano non sentono nemmeno e che può essere nauseabondo o inebriante a seconda dei giorni , delle ore e dei cuochi dell’appartamento

Kalamata era scomparso nella porta grande in fondo al corridoio mentre il Piccolino mi conduceva nella prima stanza che era un salotto con vano uso cucina e televisore enorme a dominare il grande tavolo di formica. Doveva essere la stanza comune della casa, quella dove i cinque abitanti consumavano i loro pasti guardando il tg1 o un posto al sole, la stanza dove il “ nonno” masticava fiele osservando sulla mensola la bottiglia di vino con l’immagine del duce che dice Boia chi molla.

Il Piccolo mi fece appendere il giaccone e mi condusse lungo il corridoio dove dietro una prima porta smerigliata si intuivano un bagno lungo anche quello come un vagone ferroviario, con maioliche grigiastre e piastrelle raffiguranti cigni o altri simili animali esotici oblunghi.

Nel buio del corridoio identificai altre tre porte che dovevano essere le stanze dei genitori e dei ragazzi e qualche altra specie di ripostiglio “ la stanza del nonno è quella in fondo al corridoio”

aveva detto ricciolino

“l’avevo immaginato “ dissi mentre osservavo orripilato un quadro che raffigurava due orrendi pesci posti su un piatto in precaria prospettiva mentre Oliva K. tornava tutto entusiasta dalla porta in fondo

” mio nonno la aspetta” aveva gridato tutto congestionato

“ forse è meglio che mi aspettiate qui” avevo detto, notai che il piccolo era già seduto in cucina a sfogliare un libro di storia .

Ero entrato nella stanza, era l’unica stanza con una metratura quadrata decente.

Tutte le pareti erano ricoperte di librerie a parte quella frontale alla porta dove dominava un ampia finestra chiusa, una penombra carica di fumo di MS avvolgeva una vecchia scrivania su cui una vecchia lampada evidenziava con il suo cono di luce una sagoma imponente.

“ quel bambino è troppo intelligente” aveva detto una voce roca e autorevole

“ eh si” avevo risposto all’ombra che i parlava da dietro la scrivania.

La luce mi impediva infatti di scorgere bene i lineamenti dell’uomo

“Mi chiamo Mario Gandola e lei deve essere l’investigatore privato che dovrebbe chiedermi un assurdo permesso…suppongo che non sia qui per questo”

“ in effetti no”

Ci furono dei lunghi attimi di silenzio

“ il piccolo lo ha capito?”

“ ancira no ma ci si sta avvicinando a rapidi e dolorosi passi”

Mi ero avvicinato attirato come una falena dalla fioca luce , dietro la scrivania c’era un signore con un volto profondo come il lago di Como nei pressi dell’isola comacina, ogni ruga sembrava un romanzo gli occhi erano scuri, i capelli bianchi radi pettinati all’indietro. Indossava una camicia a righe azzurre e bianche con bretelle marroni a reggere dei pantaloni che intuivo di fustagno.

Aveva aspirato una boccata pensierosa dalla sua emme esse e l’aveva spenta in un portacenere ricolmo di mozziconi.

“perché lo ha fatto signore?”

“non mi chiami signore, non lo sono”

Mi sembrava di averla già vissuta sta scena. Un deja vu’ del cazzo

“perché no? Lei è molto più grande di me e poi per me chiunque legge la divina commedia è un signore”

“ comedìa…”

Avevo dato uno sguardo alle librerie: accanto a libri di classici italiani c’erano libri in francese inglese e tedesco, testi di filosofia e matematica, una vera biblioteca in un posto dove già era dura che qualcuno leggesse il giornale.

“ suo nipote è un ragazzo molto intelligente”

“ darei un braccio per quel ragazzino, peccato che suo fratello abbia preso tutto da sua madre”

“ temo di non saperne abbastanza di questa madre, e del padre, e di Angelino “

“ lei ha ragione…purtroppo non avevo scelta. Quell’inetto di mio figlio e quella vipera di sua moglie vogliono questa camera per il loro letto matrimoniale nuovo: non lo fanno neanche per cattiveria, vogliono solo una stanza più grande”

“ e cosa centra con quello scudetto malefico?”

“ sarei anche stato disposto ad andarmene se non fosse che quella vipera di mia nuora non si accontenterebbe di mandarmi via, quella mi vuole vedere alla baggina. poi butterebbe nella carta straccia tutti questi libri che valgono ben più di quel fottuto letto matrimoniale e pure dello scudetto del Genova. quindi mi dovrò pagare gli avvocati per evitare che mi facciano interdire”

In quel momento era suonato il citofono, si era sentito del frastuono in corridoio poi era arrivato Oliva kalamata con un volto ebbro di felicità sadica

“ è Angelino, signore, andiamo?, possiamo nonno?”

Un silenzio pesante era calato sulla stanza, anche Franceschino si era affacciato sulla porta.

“per adesso no, Luigi” avevo detto io “ tuo nonno mi sta dicendo delle cose, senti facciamo così tu scendi e fai finta di nulla con Angelino, raccogli informazioni, abbiamo bisogno di prove e tu sei l’agente ideale per raccoglierle e, mi raccomando non dirgli niente, comportati come se niente fosse, tutta l’operazione dipende da te”

Olivella aveva assunto un atteggiamento cospirativo, simil James bond ma con decisamente meno charme e Q.I

“non se ne pentirà signore” aveva detto e aveva salutato militarmente

“ andiamo Fra?”

“ devo studiare” aveva risposto il piccolo con voce roca, si sentiva che stava per mettersi a piangere

“ ah” Olivetta Kalamità sembrava contento che tutta la responsabilità dell’operazione-spia ricadesse sulle sue spalle capaci

“ non vi deluderò” disse e uscì di corsa.

Il ricciolino era rimasto sulla porta, qualcosa era cambiato nei suoi occhi, c’era un ombra, quel sottile muro di disillusione che caratterizza, in alcuni, il passaggio all’età adulta.

Provai pietà per lui, troppo giovane, per noi tutti, troppo umani. Guardava il nonno dritto negli occhi,

“su queste pareti ci sono tutti i miei ricordi, tutta la mia vita” disse rivolgendosi a me come per giustificarsi, poi si accese una sigaretta e cominciò a raccontare.

E parlava più per il nipote che per me.

venerdì 11 giugno 2010


Volevo postare il terzo racconto della saga di Tony Miami che si chiama " il nonno di Tony Miami"
ma il lavoro di correzione mi sta venendo difficile. L'apatia da call center mi sta involvendo ancora una volta, fa un caldo bestia e la mia collega L. Lookketti sta starnazzando troppo ad alta voce con un cliente di national geografic. sono al posto di un'altra mia collega che ha internet e ho ritrovato un paio di disegni da me fatti pochi mesi ma sembrano secoli. dovrei farci uno studio sulla percezione del tempo nel callcenter.

Perché Industrie Cervello?
Perché no?
comunque questo sono io.


Il mese scorso il Centro Sociale Cox 18 in collaborazione con Agenzia X ( o viceversa) hanno pubblicato il libro "Milano noir e giald" una raccolta di racconti e arti visive ispirate a, indovinate un po': alla milano nera e gialla.
Tra i belli ed eterogenei racconti pubblicati ce ne sono anche due scritti da me che raccontano le improbabili avventure del detective privato, Tony Miami. si tratta de " la prima indagine di Tony Miami" e " Giulio Lugno, un avventura erotica di Tony Miami". Si tratta di sue racconti che avevo scritto parecchi anni fa, prima che il call center in cui lavoro mi ottundesse il cervello e frustrasse la creatività. L'esperienza positiva avuta durante la redazione del libro, il confronto con gli altri autori ed editori e, non ultima, la serata di presentazione dei propri lavori al pubblico che mi ha costretto a leggere in pubblico hanno avuto il benefico effetto di risvegliarmi da un torpore lungo cinque anni.
Così ho rimesso mano alla penna e, dato che nel frattempo il mondo di internet si è evoluto e sono nati i blog,i mi sono detto: proviamo.