lunedì 19 luglio 2010


Ieri, spulciando una serie di cd rom senza nome, mi sono imbattuto in una serie di file word provenienti dalla remota memoria di un vecchio computer da tempo diventato un rifiuto tossico smaltito in una discarica abusiva dell Africa Subsahariana.
Tra le tante cose ho trovato un file chiamato " le ultime lettere di Yacopo Ortles" che conteneva il racconto che vado a pubblicare e che mi era stato regalato proprio dal mio amico Yacopo Ortles di cui, prima di lasciarvi al racconto vado a fare una breve biografia

Classe 1977, Yacopo M. Ortles è figlio unico di un avvocatessa e del dio dei venti Eolo.
Deve il suo secondo nome ( Mauser ) alla passione del nonno materno per le armi naziste.
Dopo la tipica infanzia milanese anni ottanta ( ghiaccioli, gettoni del telefono, partite di calcio ai giardinetti sotto casa con la tuta con le toppe sulle ginocchia) frequenta con pessimo risultati i licei classici Berchet, Manzoni, Brecht e Luigi Pulci. Anarchico della prima ora studia da autodidatta le opere di bakunin, trozzki e compagni bella.

La comune passione per le droghe leggere e semi leggere lo avvicina alla fine anni 90 al gruppo da me fondato " Atro - City" dove tra alterne vicende provammo a fare dell'arte scevra dalle influenze del mondo esterno e del imperante cultura del calcio in culo.
Per riassumere, cercavamo di non scrivere frasi del tipo " le persone egocentrate vengono shiftate automativamente verso ambiti dove, grazie alla loro proattività, per quanto influenzata da circostanze esogene...poteva avere....bla bla bla"...e chi più ne ha più ne metta.
Indagato più volte per associazione sovversiva e manifestazione sediziosa una sera dopo un acceso diverbio con il sottoscritto riguardo al ruolo di Higgins nel telefilm Magnum P.I., si allontana dalla saletta del circolo Arci bellezza dove stavamo bevendo una birra calda dicendo che andava compare le sigarette. Da allora non si fatto più sentire.
Questo racconto scritto ad occhio e croce nel 2003 fa parte della più ampia raccolta inedita e definitivamente smarrita "Milano Odd school"
Industrie cervello vi augura buona lettura di questo racconto agrodolce che, a noi, ci ha fatto ampiamente sghignazzare

"ESAME DI COSCIENZA "DI Yacopo M. Ortles

Sono ore che sto a letto e non dormo. Sono giorni che ho la tosse, e sono giorni che la trascuro e che continuo a fumare (ma un po’ meno del solito). La tosse, quando inizia, è pastosa, ricca di catarri: alla fine è secca e squassa i polmoni. Qualcosa, da qualche parte nella gola, mi ricorda che devo continuare a tossire convulsamente. La posizione orizzontale peggiora la situazione, ma io voglio provare a dormire.

Inizia un attacco peggiore del solito: raglio come un asino e faccio fischi di trachea.

E ad un certo punto sputo la mia Coscienza. Mi succede, come, penso, a tutti voi, dacchè ho l’età della ragione e del discernimento. L’unico periodo in cui non mi capitava era quando pigliavo eroina. Questo perchè, come ognuno sa, gli oppiacei sono ottimi sedativi della tosse. Niente tosse, niente Coscienza. Mio nonno si faceva di sciroppo alla codeina, ed io rimpiango i buoni tempi antichi in cui era in libera vendita.

La mia Coscienza con gli anni ha cambiato d’aspetto: una volta era un donnino di trenta centimetri. Era tozza e muscolosa, aveva i capelli rossi e le lentiggini, la faccia larga e le tette avvizzite. Dava un’idea di vigore. Adesso pare uno stronzo di mare. Gli stronzi di mare sarebbero le oloturie, che sono echinodermi, come i ricci e le stelle marine. Ma il nome popolare rende meglio l’idea. Sarà lungo una ventina di centimetri, marrone, coriaceo e molle al tempo stesso, con tanti minuscoli pedicelli. A differenza dello stronzo di mare, la parte anteriore sta eretta su quella posteriore, in più ha occhietti neri, tutti pupille, e una boccuccia sorridente con dei canini che sporgono agli angoli.

La Coscienza, venendo dai polmoni o giù di lì, inevitabilmente puzza: puzza di nicotina rancida, di cibi mal digeriti, di placche in gola.

Tento di addormentarmi, ma quella mi morde due volte la guancia sinistra. Apro gli occhi e la vedo masticare piccoli brandelli di carne. La stronza ti impedisce di dormire. Sorride.

“Perchè cambi d’aspetto?”

“Libertà di Coscienza: non sono cazzi tuoi.”

“Perchè vieni con la tosse, nelle notti insonni?”

“Obiezione di Coscienza: tu non devi fare domande. E’ la Coscienza a fare gli esami.”

Alla mia Coscienza sembrano piacere i giochi di parole, e ha un pessimo senso dell’umorismo. Quando parla, si contorce tutta. La sua voce è stridula.

“Iniziamo subito!”

Sono rassegnato.

“Quattro per quattro? Cosa pensi dei film di Nanni Moretti? Ami la tua fidanzata? E’ più difficile a digerirsi la peperonata o i crauti col carrè di maiale? Se fossi costretto, chi uccideresti tra tuo padre, tua madre e tuo fratello? Perchè la gatta che va al lardo ci lascia lo zampino? Come mai i giovani ricchi fanno i poveri e i giovani occidentali fanno i terzomondisti? Posa, altruismo o senso di colpa? Su chi o cosa cagheresti per ambizione? Perchè non piangi ai funerali? Ti piacciono le poppe di caucciù di Barbara D’Urso? Chi ti sbatteresti volentieri? Galline oggi o uova domani? Ti rendi conto che non fai un cazzo da mattina a sera? Il piacere è pericoloso? Il pericolo è piacevole? La formula del cloruro di potassio? Come sarai tra dieci anni? Quante menzogne dici al giorno, in media? [...]

Vi risparmio il resto. La Coscienza fa domande, ma non le interessa se conosco o meno le risposte, e neppure se sto mentendo a me stesso. In realtà non aspetta neppure che articoli risposte, né verbali, né mentali. Non le interessa seguire un filo logico. Ad ogni domanda, la Coscienza puzza sempre di più, le crescono ventose, spine, opercoli e brufoli, trascolora in una tonalità via via più indefinita e melmosa, unge le lenzuola con un liquido vischioso.

“E’ sporchetta, la tua Coscienza, eh?”

Avrete notato che parla sempre di sé in terza persona.

“Adesso devi lavare la Coscienza.”

“Come?”

“Succhiandomi, ovviamente.”

“Mi fa schifo.”

“Senti, bello: non sei proprio nella posizione per stare a questionare. Tu devi agire secondo Coscienza, e quindi vedi di fare ciò che la Coscienza t’impone”

Impugno la stronza maleododorante, ed inizio ad infilarmela in bocca dalla testa, cioè dalla zona dove c’ha occhietti e boccuccia. Spero la smetta di parlare, ma non c’è niente da fare.

“Ti piace, eh? Finocchio represso! Pompinaro! Succhia, succhia. Bocchini! Chinotti! Sufloni! [...]

Avrete capito che non è una Coscienza di classe.

Mi vibra tutta in bocca. Coi peduncoli e le ventose si spinge sempre più in fondo nella gola. Tremo anch’io, per i conati di vomito. E alla fine sbocco bile e, con la bile, pure, la Coscienza.

“Bravo! La tua Coscienza è pulita, adesso”

Sembra più piccola, ha cambiato colore in un grigio opaco, e ora puzza di acido, di succhi gastrici. Non la definirei pulita, ma se va bene a lei, io sono a posto.

Appoggio la testa sul cuscino. Voglio dormire. Domani mattina la Coscienza sarà tornata da dove è venuta, e preferisco non sapere come ci torni .

L’ultimo mio pensiero va a mia nonna, che è morta recentemente. Devo ricordarmi di andarle a svuotare l’armadietto dei medicinali di tutti i sonniferi e gli antidepressivi, prima che qualcuno decida di fargli fare un volo.

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