La profezia.
L'anno esatto non lo saprei dire, di
sicuro era il Millennio scorso il 97 o il 98,
Era di sicuro l'epoca della “Giamba”
la plaza dei giardinetti di via Giambologna, dove spensierati e con
molti più neuroni e capelli in testa la mia ed altre compagnie di
spostate passavano le giornate fumando cyloom e giocando a calcetto.
Dalle undici del mattino fino a notte,
tutti i giorni intorno ai due campetti da basket e alle panchine si
riunivano crocchi di persone che raggiungevano nelle ore di punta del
pomeriggio o della sera punte anche di 60-70 individui che collavano
cilotti e sparavano cazzate.
C'era ancora la lira e un lotto di
pregio costava 20mila lire, si collava uno scudo a cranio i si faceva
la carruba per chi appizzava e a volte scoppiavano discussioni e
anche mezze risse perchè c'erano certi strafocchioni che si
sfondavano il lotto con tiri mostruosi e il quarto si beccava la
fonda.
Ma la maggior parte delle volte ci
scappava anche la freee winta, il quinto tiro gratuito che andava
allo scroccone di turno o all'amico che quel giorno era senza cash.
Il sabato sera ci ritrovavamo a casa di
qualcuno i cui genitori non c'erano a bere rum e coca cola e fumare
ancora, poi si ritornava in plaza verso le dieci per vedere cosa
prometteva la serata e a volte saltava fuori che ci compravamo pure
una pasta da Coccia, uno della compagnia di tibaldi 50 che aveva dei
cilindretti verdi da paura e andavamo ai primi rave illegali all'area
51 o a ballare la teckno Erano gli anno in cui si respirava aria di
cambiamento, e inconsciamente tutti speravamo che sarebbe venuta la
rivoluzione tecno e avremmo ballato felici sulla testa del mondo dei
nostri genitori.
Comunque, non quella calda sera
d'estate, era fine giugno e non c'era niente da fare, e faceva un
caldo appiccicoso e stavamo li a stonarci parlando delle solite cose
ridendo, o meglio, sgignazzando per le cazzate che l'hashish e la
birra ci facevano sparare.
Eravamo tutti convinti che drogarsi
fosse giusto e bello che fossimo dei gran furbi a vivere ai margini
della legge e della realtà semmai i coglioni erano gli altri, gli
inquadrati, quelli che lavoravano o studiavano diligentemente invece
che vivacchiare facendo un esame per non andare al militare. Tanto
non eravamo che al secondo o terzo anno.
Quella sera io Maurino e Ciccio che a
quei tempi eravamo inseparabili e che ci capivamo con un cenno e che
avevamo lo stesso senso dell'umorismo macabro e tagliente eravamo
andati alla fontanella a bere.
La fontanella era dalla parte opposta
della plaza e, mentre percorrevamo il pratone deserto, nel buio fuori
del cono di luce prodotto da uno dei 4 giganteschi fari alti 15 metri
che illuminavano il giardino, avevamo visto una sagoma scura da cui
una brace rossastra usciva del fumo.
Incuriositi e dandoci di gomito
sghignazzando con il nostro mozzicone di canna ci eravamo avvicinati
a vedere la novità della serata: bastava poco per essere felici a
quei tempi
Alla fin fine la sagoma fumente si era
rivelate essere questo tizio sdraiato a terra su una giacca di pelle
e uno zaino come cuscino che fumava una sigaretta.
Era di età indefinibile, quello che
percepivamo era che era sicuramente più grande di noi, aveva qualche
capello bianco nella lunga coda e uno sguardo in tralce tra
l'incazzato e il menefreghista.
Ci aveva chiesto due tiri della canna
che Maurino a malincuore gli aveva passato
“Vi divertite eh?” ci aveva
chiesto, con un tono che mi parve rassegnato e sprezzante allo stesso
tempo, noi gli avevamo fatto all'unisono un alzata di spalle elui
aveva proseguito come parlando a se stesso
“certo che si divertono, vuoi dargli
torto?”
“ perchè hai qualcosa in contrario”
questo fu maurino aggressivo
“no miei cari, anzi vi ringrazio per
la canna”
“ e tu, cosa ci fai qui?solo sdraiato
e con una valigia” gli avevo chiesto io
“sto facendo lo scipeero della fame,
la vedi quella finestra li? La dietro quelle tende c'è mia madre che
guarda e piange”
“che cosa fa?” piange e adesso che
vi ho visto e mi sono ricordato di come ero quando avevo la vostra
età mi vien da piangere anche a me
“ affritemi una sigaretta e vi
spiegherò tutto”
Ciccio gli allungo il pacchetto , ci
sedemmo e lui ci raccontò la sua storia.
“ anche io ero un come voi pischelli,
quindici anni fa, mi facevo le canne e prendevo i trip e tutto quanto
finchè alla fine non ho cominciato con la robba, ma solo pippata,
noi eravamo curiosi perchè sebbene laa
roba fosse tabu nel nostro gruppo tutti quanti ci avevamo fatto un
pensierino segreto.
Per anni mi sono fatto senza farmi
sgamare dai miei e tutto quanto, ma alla fine ho cominciato anche a
farmi le pere, e li alla fine mi hanno sgamato e dopo un anno i miei
mi hanno fatto andare in comunità. Adesso sono scappato e sono
venuto dai miei ma quei bastardi non mi vogliono fare salire allora
sto qui, e aspetto la vedete quella finestra la dietro la tenda c'è
mia madre sta stronza che sta guardandomi....
gli avevamo lasciato la canna ed
eravamo andati alla fontana, maurino diceva
guarda che pirla e lo avevamo preso per
il culo come uno sfigato quarantenne fallito tossico, sghignazzando
come scemi
Ma mentre tornaVAMO MI AVEVA PRESO UNA
BOTTA DI TRISTEZZA E mi ero zittito
da qualche parte nella mia coscienza
una vocina mi diceva, questo potrebbe essere il tuo futuro, tutto
quello che sto facendo e che mi sembra divertente potrebbe finire
così o anche peggio.
Dopo pochi minuti avevo trovato una
scusa e me ne ero andato a casa dove sapevo che mia madre era sveglia
sul divano aspettando il mio rientro, con tutta l'apprensione del
mondo sulle spalle.
A casa avevo salutato mia madre ad
occhi bassi, e mi ero rifugiato in camera mia mi ero masturbato
pensando a qualche mia amica che mi piaceva e mi ero addormentato
come una pera cotta.
Dormito il sonno del giusto
Per anni non ci avevo più pensato a
quella figura allampanata, continuando nel mio percorso di
dissipatezza e fallimenti fino all'altro giorno che mi sono accorto
che la profezia che mi ero fattoo si era autoavverata.
Nessun commento:
Posta un commento